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After Work: in anteprima esclusiva il poster del documentario di Erik Gandini

Nel 2009 con Videocracy Erik Gandini ci mostrava la nefasta influenza della televisione commerciale sulle nostre vite, con la sua enfasi sull’avere e l’apparire che ha condizionato i comportamenti degli italiani fino al degrado civile e morale attuale. Oggi il regista torna al cinema con un nuovo film, After Work, che si concentra sull’importanza data al lavoro e alla competitività nella società di oggi e si pone interessanti domande sullo sviluppo futuro in questo campo. Il film è prodotto dalla svedese Fasab e coprodotto da Propaganda Italia e Rai Cinema e arriverà al cinema il 15 giugno distribuito da Fandango e vi mostriamo in anteprima esclusiva l’evocativo e affascinante poster ufficiale.

After Work: di cosa parla il nuovo film di Erik Gandini

La nostra è una società basata sul lavoro. Fin dall’infanzia ci viene insegnato ad essere orientati al risultato e ad essere competitivi. La maggior parte dei lavori esistenti oggi potrebbe scomparire nei prossimi anni per via dell’automazione e dell’intelligenza artificiale. Potremmo presto dover ripensare al ruolo che il lavoro ha nelle nostre vite come elemento centrale della nostra esistenza. L’approccio di questo documentario è esistenziale, curioso e cinematografico. Attraverso le esperienze dirette dei suoi protagonisti in quattro nazioni emblematiche – Kuwait, Corea del Sud, Usa e Italia – After Work esplora cos’è oggi l’etica del lavoro e come potrebbe essere un’esistenza libera dal lavoro.

Daniela Catelli, comingsoon.it (09.05.2023)

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Vespertilio Awards 2023, ecco tutte le nomination

Annunciate le candidature della seconda edizione del  premio cinematografico ideato e creato dai fondatori del 1º gruppo horror social italiano “Ore d’Orrore” fondato da Tania Bizzarro e Markus Di Meglio.  La cerimonia di premiazione  si svolgerà il l 27 maggio presso il ristorante “lo Chalet” in via di Acilia 300 a Roma.

“Uno sguardo al mondo dimostra che l’orrore non è altro che realtà”, diceva l’inarrivabile Alfred Hitchcock. E forse per questo il cinema del brivido, nelle sue espressioni più efficaci e perturbanti,  riesce ha trasfigurare le nostre paure in un’opera d’arte. Sicché, questa seconda edizione del Vespertilio Awards,  kermesse creata dai mitici Tania Bizzarro e Markus Di Meglio, attraverso l’horror, il giallo, il noir, il thriller, il fantastico e il fantascientifico si trasfigura in un viaggio alla scoperta dell’eccellenza del cinema di genere made in Italy. La giuria, presieduta, dal presidente Claudio Lattanzi, ha visionato oltre 60 titoli, tra lungometraggi, documentari e corti. A dimostrazione della qualità delle opere. spesso e volentieri, le nomination sono composte da sestine e non dalle canoniche cinquine.  L’appuntamento per scoprire i vincitori è previsto per il  27 maggio presso il ristorante “lo Chalet” in via di Acilia 300 a Roma.

TUTTE LE NOMINATION

MIGLIOR MANIFESTO

BIG JELLYFISH – PIOVE

MIRKO LEONARDI – THE BUNKER GAME

FOTO CLAUDIA SICURANZA ARTWORK/GRAFICA MARCO LOVISATI – VETRO

BIG JELLYFISH DANIELE MORETTI – PANTAFA

BIG JELLYFISH – IPERSONNIA

MIGLIORI FX VISIVI

GIUSEPPE SQUILLACI – PIOVE

IL BUIO DEL GIORNO

PETER ZEITLINGER – L’ANGELO DEI MURI

FRANCESCO PEPE – IPERSONNIA

ANDREA BATTISTONI M74 – PANTAFA

BLADES IN THE DARKNESS

MIGLIOR SUONO

PAUL MAERNOUDT, ANTOINE VANDENDRIESSCHE – PIOVE

ENRICO MEDRI, LUCA LEPROTTI – LA CALIFORNIA

FRANCESCO MOROSINI – L’ANGELO DEI MURI

VINCENZO URSELLI, MIRCO PERRI, MARKOS MOLINAS – IPERSONNIA

DANIELE DE ANGELIS – VETRO

ALESSANDRO PALMERINI, ALESSANDRO BIANCHI, ADRIANO DI VALERIO – PANTAFA

MIGLIOR MONTAGGIO

MARCO SPOLETINI – PIOVE

PAOLO MARZONI – LA CALIFORNIA

LORENZO BIANCHINI – L’ANGELO DEI MURI

MARIO MARRONE – IPERSONNIA

MARCO SPOLETINI – SPACE MONKEYS

BRIAN SCHMITT – THE BUNKER GAME

MIGLIORi ACCONCIATURE

ANNAMARIA DI IORIO – LA CALIFORNIA

ALESSANDRA SANTANERA – L’ANGELO DEI MURI

SARA JMIL – BUNKER GAME

DANIELA ALTIERI – IPERSONNIA

DANIELA ALTIERI – SPACE MONKEYS

MIGLIOR TRUCCO

CHIARA BARTOLI, ALESSANDRA GIACCI – PIOVE

ALESSANDRA SANTANERA – L’ANGELO DEI MURI

LAURA TONELLO, ANDREA LEANZA – IPERSONNIA

ELEONORA D’ANGELO – BLADES IN THE DARKNESS

TAMARA TOTTI – SPACE MONKEYS

LUCIA PATULLO – PANTAFA

MIGLIORI COSTUMI

GILDA VENTURINI – L’ANGELO DEI MURI

MARIA CRISTINA LA PAROLA – THE BUNKER GAME

MARIA CRISTINA LA PAROLA – IPERSONNIA

FRANCESCA SARTORI, MARA MASIERO – SPACE MONKEYS

RICCARDO OCCHILUPO – ANATAR

GABRIELLA PESCUCCI – PANTAFA

MIGLIOR SCENOGRAFIA

NELLO GIORGETTI – PIOVE

LORENZO BIANCHINI – L’ANGELO DEI MURI

MARCELLO DI CARLO – THE BUNKER GAME

FABRIZIO D’ARPINO – IPERSONNIA

PAKI MEDURI – SPACE MONKEYS

MIGLIORI MUSICHE

RAF KEUNEN – PIOVE

SILVIA LEONETTI – LA CALIFORNIA

DONELLY VANESSA – L’ANGELO DEI MURI

FEDERICO BISOZZI, DAVIDE TOMAT – IPERSONNIA

ENRICO MELOZZI – SPACE MONKEYS

MIGLIOR FOTOGRAFIA

CRISTIANO DI NICOLA- PIOVE

MAURA MORALES BERGMANN – LA CALIFORNIA

PETER ZEITLINGER – L’ANGELO DEI MURI

MATTEO VIEILLE – IPERSONNIA

DANIELE CIPRÌ – SPACE MONKEYS

MARCO GRAZIAPLENA – THE BUNKER GAME

ATTORI NON PROTAGONISTI

FRANCESCO EMULO (Hidden)

PIETRO BONTEMPO (Piove)

ANDREA RONCATO (La California)

ANTONIO TENTORI (Grida dalla palude)

FRANCESCO ROSSINI. (Blades in the Darkness )

DIEGO CASALE (E tutto il buio che c’è intorno)

ATTRICI NON PROTAGONISTE

ELENA DI CIOCCIO (Piove)

ANGELA BARALDI (La California)

GRETA SANTI (Pantafa)

IVA KRAJNC BAGOLA (L’angelo dei muri)

ERIKA SACCA’ (Devil time two)

AURORA MENENTI ( Piove )

ATTORI PROTAGONISTI

PIERRE RICHARD (L’angelo dei muri)

STEFANO ACCORSI (Ipersonnia)

FRANCESCO GHEGHI (Piove)

LODO GUENZI (La California)

FABRIZIO RONGIONE (Piove)

ATTRICI PROTAGONISTE

CAROLINA SALA (Vetro)

GIOIA HEINZ (L’angelo dei muri)

JENNIFER MISCHIATI (I Follow you)

GAIA WEISS (Bunker game)

VERONIKA ROSATI (It’s not over)

SOFIA PONENTE (Madre notturna)

MIGLIORE SCENEGGIATURA

PAOLO STRIPPOLI, JACOPO DEL GIUDICE, GUSTAVO HERNANDEZ – PIOVE

CINZIA BOMOLL, PIERA DEGLI ESPOSTI, CHRISTIAN POLI – LA CALIFORNIA

LORENZO BIANCHINI, MICHELA BIANCHINI, FABRIZIO BOZZETTI – L’ANGELO DEI MURI

ALBERTO MASCIA, ENRICO SACCÀ – IPERSONNIA

LUCA MASTROGIOVANNI, CIRO ZECCA – VETRO

MIGLIOR REGIA

PAOLO STRIPPOLI – PIOVE

LORENZO BIANCHINI – L’ANGELO DEI MURI

ALBERTO MASCIA – IPERSONNIA

DOMENICO CROCE – VETRO

ALDO IULIANO – SPACE MONKEYS

ROBERTO ZAZZARA – THE BUNKER GAME

MIGLIOR FILM

PIOVE

LA CALIFORNIA

THE ANGEL OF THE WALL

IPERSONNIA

VETRO

BUNKER GAME

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO

RUN DEATH RUN

ESCALATION

WOLF+LAMB

IVI ELV

RESTARE UMANI

L’ISOLA DEI RESUSCITATI MORTI

MIGLIOR DOCUMENTARIO

FANTASMAGORIA – SEASON 2

MILANO CALIBRO 9 : LE ORE DEL DESTINO

RAGTAG

ZIO TIBIA – IL DOCUMENTARIOFOTOGALLERY

tg24.sky.it (18.04.2023)

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Marina Marzotto: Propaganda verso il consolidamento

Che anno si lascia alle spalle Propaganda?

«Un anno di semina e di raccolta. Le uscite 2022 sono rappresentative della ricerca e accompagnamento del talento che per noi rappresenta la forza di qualsiasi progetto. Piove di Paolo Strippoli e Monica di Andrea Pallaoro, due film molto diversi tra loro ma che condivido-no tensione creativa e sguardo personale dei registi, hanno raccolto un ampio consenso».

Continuate a collaborare con partner internazionali allo sviluppo di coproduzioni?

«Proseguiamo nel consolidamento di alcuni rapporti con produttori in Francia, Belgio e Irlanda che ormai sono diventati partner con cui scambiamo progetti e li sviluppiamo con apporto creativo e finanziario reciproco. Lavoriamo anche con nuovi contatti per creare una rete internazionale di produttori che ci somiglino in termini di linea editoriale e cura del prodotto».

Quali film vedremo al cinema nel 2023?

«Il primo film sarà After Work di Erik Gandini che ha debuttato a CPH:Dox a marzo e proseguirà con altri festival prima di uscire in Italia a giugno con Fandango. Un film stimolante guidato dalla visione nitidissima e l’umorismo tagliente dell’autore italo-svedese che investiga le questioni identitarie ed esistenziali che ci legano al lavoro. Il direttore della fotografia è Fredrik Wenzel (Triangle of Sadness). Il secondo titolo è il debutto alla regia di Alan Friel, Woken, un thriller distopico sorprendente dove nell’arco di 90 minuti tutto cambia e nulla è come sembra. Nel cast figurano Erin Kellyman (Willow e Solo: A Star Wars Story) e Maxine Peak (Peterloo, Funny CowLa teoria del tutto)».

Le vostre produzioni cinematografiche in cantiere?

«Apriremo i set di: Volare! di Pier Paolo Paganelli, fantasy family che vorremmo far diventare un franchise, e Obliquo 616 di Lyda Patitucci, sci-fi distopico e character driven. Nel mentre sono iniziate le riprese del doc The Greatest, debutto alla regia di Sonia Bergamasco, che racconta la presenza tutt’ora abbacinante di Eleonora Duse nell’ispirazione di attori e attrici contemporanei».

Propaganda ha grande cura per attori e registi. Pianificate di costruire una vostra factory?

«Credo che Propaganda sia di fatto una factory. Il rapporto tra produttore e autore è un rapporto fiduciario delicato, l’unione esiste solo se c’è una condivisione di visione. Siamo in sviluppo con L’estranea di P. Strippoli, che sarà sul set nel 2024. Stiamo nuovamente lavorando con Igort, per la docu-serie Ticket to Wonderland e nelle prime fasi di sviluppo della serie Storia di C per la regia di A. Pallaoro. Nel mentre lavoriamo su più progetti con Fabio Guaglione, Federica Pontremoli, Jacopo Del Giudice… così come siamo legati ad alcuni talenti attoriali e manteniamo rapporti stretti con alcuni capi reparto che proponiamo sempre ai nostri registi.

Quali obiettivi vi siete prefissati per il 2023?
«L’obiettivo è il consolidamento: nel 2017 con Mattia Oddone ci siamo dati un posizionamento e obiettivi chiari e credo che si cominci a percepire chi siamo e cosa possiamo portare al tavolo. Abbiamo un track record sulla qualità e sulle vendite estere, ora vogliamo costruire anche successi commerciali importanti per la crescita dell’azienda e dei talenti che seguiamo e stabilire rapporti di partnership continuativi in Italia come abbiamo all’estero.

I FILM DI PROPAGANDA

AL CINEMA NEL 2023
• AFTER WORK di Erik Gandini (documentario creativo)
• WOKEN di Alan Friel(thriller/sci-fi)

IN PRODUZIONE
• serie tv NEVER TOO LATE (avventura)
• VOLARE! di Pier Paolo Paganelli (family/fantasy)
• OBLIQUO 616 di Lyda Patitucci (dramma distopico)

IN SVILUPPO
• L’ESTRANEA di Paolo Strippoli
• serie tv STORIA DI C di Andrea Pallaoro
• docu-serie TICKET TO WONDERLANDdi Igort

Box Office (15.03.2023)

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Erik Gandini’s ‘After Work,’ Doc Exploring Our Relationship With Work, Boarded by CAT&Docs (EXCLUSIVE)

Paris-based CAT&Docs has come onboard as sales agent for Italian-Swedish director Erik Gandini’s “After Work,” which had its world premiere in the main competition at CPH:DOX, the Copenhagen Intl. Documentary Film Festival. Variety speaks to the director at the festival.

In this stunningly cinematic doc, lensed by Ruben Östlund’s long-time DOP Fredrik Wenzel and shot in the U.S., Italy, South Korea and Kuwait, Gandini explores the notion of work in the 21st century, as automation and technology free up time, and asks what the future could be like in a work-free society.

One of the inspirations for the film, Gandini says, was Swedish sociologist Roland Paulsen’s writings on the ideology of work, which is rooted in the notion of a work ethic developed some 350 years ago.

“It was very relevant at the beginning of the industrial revolution because we needed to build so much. Everybody needed to work, it became the perfect idea for the time, and it also became a religious idea. But this is not compatible with the present, and definitely not with the future if technology is about to help us save so much time.”

According to a Gallup survey mentioned in the film, 85% of people worldwide are not engaged in their work – Gallup defines employee engagement as the involvement and enthusiasm of employees in their work and workplace. And yet, workers in the U.S. give up more than 500 million hours of holiday each year.

“It’s a system of values that makes us work regardless of how efficient technology becomes. Essentially, [it’s] this strong idea that we should work for the sake of working.”

South Korea has a similar work culture, he says, “but at least they try to do something about it,” he adds, referring to a clip from a government film featured in “After Work” that encourages people to spend time with their families rather than work long hours.

“That particular clip was somehow the essence of the whole project: when people lack imagination of what life could be, when you need to help them with imagery – this is how I see my film, too: we need some sort of stimulus or help because we can’t even think a different type of relationship to work.”

Seeking answers to this future without work, Gandini heads to Kuwait, where everyone has the constitutional right to a job, but where there isn’t enough work for everyone.

“So, you have 20 people doing the job of one person: you get money from the state and in return you’re asked to act, to pretend to work…

“I went there really hoping that maybe we could find something hopeful about a work-free [society],” says Gandini.

Asked whether his hopes were met, he answers truthfully: “They have all this money and, still, they sit behind their desks as if they cannot imagine anything different. It’s very emotionally, existentially, depressing: the idea that you are doing something that is completely useless and it’s so normalized.”

Turning the lens on Italy, Gandini says he found some elements of an answer in the NEET (Not in Employment, Education or Training) population, which is the highest in Europe. “In Italy – and this is my own experience – people don’t look at work in the same way: there’s an appreciation of life, a hedonism.

“It’s easy to see the NEET phenomenon as lazy spoiled brats, with this “It was better before” nostalgia. What I love to do in a film is to really explore forbidden ideas: maybe this idea, which is so easy to trash or criticize, could hold something that is fruitful when you think about an alternative to the work ethic which you see in South Korea or in the U.S.”

Taking it further, Gandini interviews a rich Italian heiress who leads a fulfilling work-free life.

“Rich people are usually ridiculed in documentaries. But, somehow, they become interesting as a reference of how you can really train yourself to [make decisions about how you spend] your time, and not let anybody else do it.”

Gandini, who works as a professor of documentary film at Stockholm University of the Arts, says deciding over your own time is an existential challenge for most people.

“I teach film, and when you give the students total freedom, you’re like: ‘You’re an artist, do whatever you want,’ sometimes people freak out, it’s not easy.”

While he doesn’t profess to come up with any given answers in his film, Gandini said the reaction of the Copenhagen crowd at the film’s premiere, where the question “What would you do if you didn’t have to work?” was on everyone’s lips, proves that “After Work” addresses existential questions of a very timely nature.

“After Work” is produced by Stockholm-based Fasad and co-produced by Propaganda Italia, in collaboration with Rai Cinema, SVT, Film I Väst, Indie Film Norway, with co-financing from VPRO and Geo Television.

CPH:DOX runs from March 15 through March 26.

Lise Pedersen, variety.com (22.03.2023)

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‘After Work’: first trailer for CPH:DOX documentary

After Work explores the nature of work in the 21st century amid the rise of artificial intelligence.

An Italian-Swedish film director, writer, and producer, Gandini is also professor of documentary film at Stockholm University of the Arts.

Gandini’s credits include Videocracy, which played at Venice, Toronto and IDFA in 2009, and The Swedish Theory of Love which premiered at the Stockholm International Film Festival in 2015. He also produced The Raft by Marcus Lindeen which won the main competition at CPH:DOX in 2018.

After Work is shot in the USA, Italy, Kuwait and Korea. The cinematographer is Fredrik Wenzel, whose credits include Triangle of Sadness and The Square.

It is produced by Jesper Kurlandsky of Sweden’s Fasad and co-produced by Propaganda Italia in collaboration with Rai Cinema, Swedish Television, Sweden’s Film I Väst, Norway’s Indie Film, Netherland’s VPRO and Germany’s Geo Television.

Tim Dams, screendaily.com (16.03.2023)

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‘Piove’, Tar accoglie ricorso: il film non è più vietato ai minori di 18 anni

Piove, il film di Paolo Strippoli presentato ad Alice nella città e uscito in sala il 10 novembre, non è più vietato ai minori di 18 anni. Il 6 dicembre il Tar del Lazio ha accolto il ricorso patrocinato dagli avvocati Ottavio Grandinetti, Barbara Bettelli, Daniele Majori e Andrea Aurelio Di Todaro e ha disposto l’annullamento dei provvedimenti della commissione ministeriale della classificazione delle opere che avevano assegnato al film il divieto.

Piove propone una trama calata in un contesto governato dal ‘soprannaturale’, come tipico del genere cinematografico horror: la violenza non assume i tratti di un atto meramente gratuito, perpetrato senza spiegazione alcuna e unicamente fine a se stesso (questo sì sarebbe particolarmente inquietante e tale da comportare un livello di turbamento che potrebbe risultare non adatto per un pubblico giovane), ma è cagionato da una forza ‘oscura’, e dunque irreale, che uno spettatore di una certa età (e indubbiamente un minore che abbia già compiuto i 14 anni) è in grado, senza ombra di dubbio, di cogliere come tale, relegandola al piano dell’inverosimile e immaginifico”. Questo un estratto della sentenza del Tar Lazio, composto dalla presidente Donatella Scala, dalla relatrice Francesca Santoro Cayro e dal Consigliere Mario Alberto Di Nezza.

Ambientato in una Roma costantemente sul punto di esplodere, il film nasce dalla scrittura di Jacopo Del Giudice, vincitore del Premio Franco Solinas. Da qualche giorno la città è teatro di un evento singolare: quando piove condotti e tombini tracimano con una melma grigiastra ed esalano un vapore denso di cui non si conosce l’origine. Nessuno può immaginare che chiunque respiri questo misterioso vapore dovrà farà i conti con ciò che reprime, i suoi istinti più oscuri, la sua rabbia. Neanche la famiglia Morel. Nel cast Francesco Gheghi, Cristiana Dell’Anna, Fabrizio Rongione e Leon de La Vallée aka Leon Faun nella sua vita parallela da rapper.

Fandango che distribuisce il film così commenta la sentenza: “Siamo contenti che il Tar abbia accolto il ricorso e in particolare delle motivazioni puntuali correlate. Ci sembra evidente che questo sistema di attribuzione dei divieti abbia delle falle, che in questo caso hanno arrecato un grave danno allo sfruttamento in sala di un film di un giovane autore italiano. Ci auguriamo che il ministero possa intervenire modificandolo”.

Redazione Spettacoli, repubblica.it (07.12.22)

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Piove è uno di quei film che possono salvare il cinema italiano

C’è ancora speranza per il cinema italiano? Per una sua defintiva rinascita creativa? Piove di Paolo Strippoli è la risposta, è un’altra piccola oncia di speranza dentro un mare di offerte sovente di scarso valore, ripetitive, spente. Presentato ad Alice nella Città all’ultima Festa del Cinema di Roma e al Science + Fiction Festival di Trieste, questo film horror profondo, attualissimo, affascinante, approda finalmente nelle sale italiane. Lo fa purtroppo con la zavorra di un insensato divieto ai minori di 18 anni deciso dalla Commissione per la classificazione delle opere del Ministero della Cultura e poi confermata dalla Direzione Generale Cinema e Audiovisivo. 
La speranza è che questo non comporti perdite tali da danneggiare un film di enorme qualità, un horror di grande concezione e fascino, così come il percorso di un regista che può dare e già ha dato molto in soli due film al nostro cinema.

Una famiglia spezzata dal dolore in una Roma da incubo

Piove ci guida dentro la vita di Thomas Morel (Fabrizio Rongione), padre e marito un tempo felice, la cui esistenza è stata distrutta dalla morte della moglie Cristina (Cristiana Dell’Anna), che nel giro di un anno ha lasciato lui e il figlio Enrico (Francesco Gheghi) preda di una situazione familiare pesantissima e instabile. Sensi di colpa, incomprensioni, rabbia, una tensione fortissima, avvelenano quelle quattro mura, ed il dialogo tra i due è ormai sostanzialmente inesistente, a farne le spese è anche Barbara (Aurora Menenti), la più piccola della famiglia, costretta sulla sedia a rotelle. Intanto però, ecco che in una Roma avvolta da una pioggia oppressiva e oscura, dalle fogne avanza un morbo misterioso, una sorta di nebbia che pare infettare chiunque ne venga a contatto e portarlo ad una follia omicida che in breve tempo diventerà incontrollabile.

Paolo Strippoli ritorna al cinema di genere a tinte forti, dopo quel A Classic Horror Story su Netflix creato assieme a Roberto De Feo,  che aveva giustamente attirato su di lui l’attenzione di chiunque cercasse una traccia di creatività e originalità nel desolato panorama nostrano.
Sta tornado il cinema di genere nel nostro paese, lo abbiamo ormai tutti capito, ma non sempre questo recupero avviene con le modalità e soprattutto la giusta caratura artistica come nel bellissimo Freaks Out di Mainetti. Spesso ci si trova di fronte ad opere evitabilissime, basti pensare al triste risultato ottenuto con Rapiniamo il Duce o i due film di Diabolik dei Manetti Bros. Piove invece fa parte di quei prodotti che vorremmo vedere molto più spinti e valorizzati, in virtù di una caratura notevole sostanzialmente in ogni reparto. Si tratta di un film horror che strizza l’occhio ai grandi maestri del genere d’oltreoceano, quelli capaci decenni fa di andare oltre la mera narrazione visiva e di creare degli iter metaforici che ancora oggi influenzano la settima arte. 


A Trieste, al Science + Fiction Festival di quest’anno, la giuria nel premiare il film di Strippoli con il Wonderland di Rai4, ha chiamato in causa nomi pesanti come quelli di Romero o Carpenter, ma poi l’elenco potrebbe tranquillamente allungarsi, andare ad annoverare Boyle, nonché il moderno filone orientale sempre più fertile e convincente, con i film per esempio di Yeon Sang-ho e Cho Il-hyung. Soprattutto questi ultimi due possono tornare in mente, visto la finalità ultima di Strippoli di guidarci dentro un viaggio cinematografico chiaramente connesso alla pandemia, agli effetti che esso ha avuto.E per effetti non intendiamo solo quelli  sulla nostra psiche personale, ma più in generale sulla nostra società, sui rapporti umani, in un presente in cui il concetto di tolleranza dell’altro è stato sostanzialmente cancellato. 

Un film horror che sa andare verso lidi inesplorati

Piove non è in realtà il solo film italiano che abbia cercato recentemente di parlarci della pandemia in modo creativo, accarezzando le corde della creatività che trasfigura la nostra quotidianità in senso metaforico. A Venezia in fin dei conti non è che Siccità di Paolo Virzì avesse finalità diverse, per quanto maggiormente connesso alla commedia, ma qui la questione di come Covid-19 ci abbia profondamente cambiato, ma più in generale di come la nostra società sia dominata in senso assoluto da una rabbia crescente, è affrontato in modo molto più diretto.
La sceneggiatura curata dallo stesso Strippoli assieme a Gustavo Fernandez e Jacopo Del Giudice, ha il grandissimo pregio di coniugare dimensione micro con macro, ma soprattutto non rimane schiava dei pilastri narrativi della classicità dell’horror in modo sterile, ma li usa per creare qualcosa di ibrido.Questo è un film dalla narrazione soprattutto visiva, ma non solo, vive di contrapposizione: luce e buio, alto e basso, il sopra e il sotto, il dentro e il fuori e naturalmente quella dei personaggi. 

La rabbia che Enrico e suo padre Thomas condividono senza freni, che li acceca e li rende incapaci di ricominciare a vivere, è la stessa che in breve si impadronisce degli altri abitanti, di questa Roma a tratti veramente insostenibile, che la fotografia di Cristiano Di Nicola rende forse quasi più simile al mondo del crime.  Intanto però non smette mai di piovere, e l’acqua che scende senza mai fermarsi rivendica nell’iter narrativo il duplice significato di rinascita e di sinistro rito satanico, di instabilità spettrale e salvezza. Diviso in atti connessi sempre al ciclo dell’acqua, Piove ha la straordinaria qualità di saper tenere sulle spine allo spettatore, di regalare un’atmosfera di tensione continua, malsana, opprimente, nonché connessa poi visivamente in modo fiero ad un orrore autentico, vero, di quelli che il nostro cinema per molto tempo ha praticamente rinunciato ad offrire al suo pubblico. E dire che una volta eravamo maestri dello spavento d’autore, poi abbiamo perso il treno, abbandonato ogni autentica volontà di misurarci con un genere così amato. 

Certo, forse da metà in poi la sceneggiatura scricchiola un po’, o perlomeno smette di essere creativa a 360° come si sperava, forse per prudenza scivola un po’ verso il dejà vu. Tuttavia bisogna riconoscere la genuinità dell’insieme, la coerenza nel cercare di offrire qualcosa di diverso al pubblico. Risulta sicuramente indovinato il modo con cui decide di connettersi anche all’ampio mondo degli zombie movies, strizzando l’occhio soprattutto a quello che Danny Boyle fece a suo tempo con 28 Giorni Dopo, rispetto al quale però gli si può riconoscere una maggiore attualità e grazia estetica. Si perché Piove è soprattutto il racconto di una quotidianità, del nostro presente, in cui la pandemia ci ha resi l’uno nemico dell’altro, incapaci di affrontare qualsiasi questione con il dialogo, ed è un estremizzazione che alla fin fine si è applicata a tutti i campi della nostra vita, andando infine a riversarsi com’era prevedibile anche nella politica. 

Un film penalizzato da un divieto assurdo

Tuttavia va anche sottolineato come Piove, soprattutto con il personaggio di Enrico, affronta anche la tematica della difficile situazione della gioventù odierna, ma più in generale diventi quasi un film di formazione, per quanto in senso lato.Molto bello anche come il rapporto conflittuale con il padre, ci guidi verso incontri e svolte alquanto singolari ma per questo molto interessanti, perché diverse anche dal modo in cui sul grande schermo il cinema italiano continua a descrivere in modo molto superficiale la gioventù, in particolare quella delle periferie. Diverso ovviamente il discorso della nostra serialità televisiva recente con una serie di grande qualità come Skam o Prisma, a cui questo film strizza l’occhio, proprio per la profondità e modernità di sguardo. Ma poi è anche singolare che in fin dei conti l’insieme ci ricordi soprattutto il mondo degli ultimi, dei dimenticati, quello dove sovente alla fine la violenza (sia prima che doppio la pandemia) è scoppiata in modo terribile nelle famiglie, tra le quattro mura domestiche, nei modi più feroci e anche impressionanti. Basta dare un’occhiata ai giornali e alla cronaca per rendersene conto.

Ecco allora chePiovesmette di essere semplicemente un film horror, ma diventa un’opera di genere trasversale, soprattutto il simbolo di un malessere generale, un film che sa essere intimo ed assieme carico di uno sguardo di impegno civile e forse anche politico, senza però smettere di essere un horror incredibilmente riuscito, con alcune sequenze di grandissimo impatto. 
Il tutto poi suggerisce come l’umanità di oggi, intrappolata anche a causa di una tecnologia sempre più alienante e dominante, non sappia più creare un concetto di collettività, neppure all’interno del mondo degli affetti familiari, ed abbia completamente dimenticato dialogo e capacità di mediazione.Si badi però che il film di Strippoli tutto questo lo affronta ma in modo indiretto, non commette mai l’errore di essere opera moralista o di rivendicare una qualche finalità che sconfini oltre l’intrattenimento che non vuole essere semplicemente fine a se stesso. 

La bontà della valutazione finale di Piove, in ultima analisi non fa che aumentare il rammarico per la decisione di vietare la visione di questo film ai minori di 18 anni. Una presa di posizione politica che in fin dei conti conferma quanto il nostro cinema abbia le proprie forze propulsive più giovani e innovative, quelle che possono farlo ripartire, sempre bloccate da una sorta di paternalismo oscurantista fuori tempo massimo. Era successo lo stesso, con motivazioni oggettivamente fuori da ogni logica, pure al non riuscitissimo La Scuola Cattolica, il film sul massacro del Circeo presentato al Venezia l’anno scorso. Lì però si parlò di una sorta di peccato nella rappresentazione dei simboli religiosi. Roba da scompisciarsi. Ora ecco che ancora una volta si interviene a danneggiare il possibile successo di un film, che in qualsiasi altro paese sarebbe stato portato sugli allori. Come se poi il pubblico teen di oggi non possa rimediare da sé su Netflix, su qualsiasi piattaforma, prodotti di genere o anche horror incredibilmente più forti ed estremi di questo. Film che poi spesso non hanno nulla della ricchezza di contenuti e attualità che Strippoli ha saputo creare.

Giulio Zoppello, wired.it (15.11.2022)

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‘Piove’ l’horror di Paolo Strippoli vietato ai minori di 18 anni: “Una decisione inspiegabile”

In una Roma livida, tra palazzoni piccolo borghesi e strade disastrate, la pioggia sale dai tombini e porta in superficie una melma grigiastra: emana un vapore che, inspirato, fa emergere tutta la rabbia repressa, l’aggressività dei cittadini, trasformandoli in mostri. Dentro l’apocalittico scenario si muove una famiglia, i Morel, padre vedovo e due figli, una famiglia divisa dai rimorsi e rancori dopo la morte della madre, una precarietà economica che si aggiunge a quella affettiva che, man mano che i miasmi salgono attraverso le tubature, si trasforma in scontro diretto.

Arianna Finos, repubblica.it (21.10.2022)

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‘Monica’, la recensione. L’impossibilità di essere sé stessi negli Usa si prende 11 minuti di applausi

Come già Bones and All di Luca Guadagnino, anche Monica di Andrea Pallaoro è in gara a Venezia per l’Italia ma è a tutti gli effetti un film “americano”: americana la storia, americana l’ambientazione, americani i personaggi e gli attori che li interpretano. Siamo a Los Angeles quando Monica, un’abbagliante bellezza dai capelli rossi, riceve una telefonata che la distoglie dal suo lavoro quotidiano (che inizialmente ci sembra quello di massaggiatrice, poi capiremo meglio).

Alberto Crespi, repubblica.it (03.09.2022)

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Erin Kellyman, Maxine Peake Set for Irish Thriller ‘Woken’ Directed by Alan Friel

Shooting is underway on “Woken,” a psychological thriller set on a remote island in the North Sea starring Erin Kellyman (“Solo: A Star Wars Story”) and Maxine Peake (“Funny Cow”).

The pic is being directed by first-time Irish director Alan Friel who previously worked with Peake on his prize-winning 2017 short “Cake.”

Cameras are rolling in Fanore Beach, Ireland, on “Woken,” which is being lead-produced by Ireland’s Fantastic Films. Fantastic has partnered on the pic with Italy’s Propaganda, the Rome-based indie shingle that is ramping up production and moving into the genre pics space.

“Woken,” which is also written by Friel, is set against a post-apocalyptic scenario in which the isle provides a safe haven from a pandemic that has decimated earth. The pic sees the protagonist Anna (Kellyman) wake up pregnant and unable to remember who her husband is. Nor does Anna recognize Helen and Peter who are supposedly helping her get her health back. Disbelief in what she is being told leads to a horrible revelation and Anna having to contend with existential issues brought on by man’s destruction of the planet.

Propaganda has also teamed with Fantastic Films on sci-fi drama “Obliquo 616,” to be directed by Italy’s Lyda Patitucci (“Curon”) and co-written by Milo Tissone, Federica Pontremoli (“We Have a Pope”) and Markus Fleming. Propaganda is the lead producer on this sci-fier that is set in the near future and involves a group of people who emanate deadly radiations. Belgium’s Gap Busters is also on board.

Also in Propaganda’s expanding pipeline is family fantasy “Volare!” to be directed by multi-hyphenate Pier Paolo Paganelli and involving a girl named Sara who escapes from a horrific orphanage and joins a magical circus.

“We have chosen genre because we like it: its [cinematic] language is clear and genre also has a very attentive and well-defined audience” said Propaganda CEO and partner Matteo Oddone. He added that the company’s goal is to take genre filmmaking “to the highest possible level through innovation with new talents while also respecting its canons.”

Propaganda’s lineup also comprises being a co-producer on Andrea Pallaoro’s high-profile English-language drama “Monica,” now in post. Pic stars Trace Lysette (“Hustlers”) in the title role as a woman who returns home to the Midwest for the first time in 20 years to take care of her dying mother, played by Patricia Clarkson, and goes through major mental changes.

Nick Vivarelly, variety.com (08.04.2022)