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After Work: come sarà il mondo senza il lavoro, tra AI e reddito di base universale

(CORRIERE.IT) Erik Gandini offre lo spaccato di una società moderna imperniata sul concetto di lavoro salariato.

Fuori campo, una voce roca e stanca mette in guardia: «Nel mondo di oggi, il consiglio migliore da dare a un giovane è prepararsi a trovare un lavoro. Prepararsi a passare la propria esistenza alla mercé di un padrone». Il vecchio saggio è Noam Chomsky, 94 anni, tra gli intellettuali più influenti di questo e dello scorso secolo. Per il resto, di indicazioni o suggerimenti nel nuovo documentario di Erik Gandini non ce ne sono. In After Work il regista italo-svedese – già autore, tra l’altro, di Videocracy e Surplus – offre lo spaccato di una società moderna imperniata sul concetto di lavoro salariato, e si interroga sul futuro di un’umanità potenzialmente libera da questo vincolo. «Il film nasce non per offrire soluzioni», spiega Gandini, «ma per dar risalto agli aspetti più disfunzionali di un’ideologia lavorista in cui tutti noi siamo immersi sin dall’infanzia, pur appartenendo a società con modelli di sviluppo molto lontani tra loro».

Tutto il mondo è paese?

Nel 2018 i lavoratori americani hanno rinunciato a 768 milioni di giorni di ferie cui avevano diritto. È la «No Vacation Nation». La cultura del superlavoro su cui si regge lo stesso sogno americano. In Corea del Sud da anni il ministero del Lavoro osserva con estrema preoccupazione il fenomeno della Gwarosa, la «morte per eccesso di lavoro». La settimana lavorativa è stata ridotta da 68 a 52 ore e il governo ha progettato un’accurata campagna pubblicitaria per promuovere stili di vita alternativi, invitando i lavoratori a non rimanere in ufficio oltre l’orario stabilito.
Il Kuwait, appena 4 milioni di abitanti e un’economia trainata da ricchi giacimenti petroliferi, vive invece un problema opposto. Qui il settore pubblico garantisce piena occupazione, ma la manodopera disponibile è spropositata rispetto alla mole di lavoro richiesta. Tutti hanno un impiego ben retribuito, ma il patto sociale si regge su una farsa interpretata da uomini e donne che spendono il proprio tempo ingabbiati in un perpetuo senso di inutilità.
Infine l’Italia, dove il tema del lavoro viene osservato con gli occhi di ricchissimi ereditieri, che hanno sempre vissuto di rendita. Ma anche dal lato di una classe media in cui si annida il più grande gruppo di Neet in Europa (giovani che non lavorano, non studiano e non si formano).

La tecnologia non ha volontà

Prodotto da Fasad e Propaganda Italia insieme a Rai Cinema, After Work sarà distribuito da Fandango a partire dal prossimo 15 giugno e promette di inserirsi in un dibattito quanto mai attuale e partecipato. Lo sconvolgente sviluppo dell’intelligenza artificiale potrebbe portare la maggior parte dei lavori esistenti oggi a scomparire tra qualche anno. Cosa fare, dunque, quando un’intera classe sociale si ritroverà ad essere, per così dire, «non occupabile» e priva anche della minima forza politica collettiva? La tecnologia non è dotata di volontà, sottolinea Chomsky, questa volta a favore di telecamera. Il suo impatto sulla società dipende e dipenderà strettamente dagli interessi di chi la controlla.
Può l’introduzione di un «reddito di base universale» cambiare lo stato delle cose e liberare, finalmente, il potenziale creativo di persone non più costrette a lavorare per sopravvivere? Come impiegheremmo il nostro tempo se da domani non dovessimo più preoccuparci di guadagnare lo stipendio? Gandini pone la domanda ai suoi intervistati rivolgendosi, metaforicamente, a tutti gli spettatori.
C’è silenzio, le risposte sono vaghe e incerte. Qualcuno sorride spaesato.

Nicola Bracci, corriere.it (23/05/2023)